Il piano inclinato
Si descrive la celebre esperienza della sfera che scende lungo un piano inclinato, pensata per dimostrare che nel moto uniformemente accelerato gli spazi percorsi sono proporzionali ai quadrati dei tempi impiegati. L’esperienza serve a convalidare l’ipotesi che la velocità vada crescendo in proporzione col tempo, e non con lo spazio percorso, come molti credevano all’epoca di Galileo, ed egli stesso, nella prima fase dei suoi studi.
Accertato che nel moto uniformemente accelerato la proporzionalità tra velocità e spazio percorso non sussiste, Galileo si vota alla seconda alternativa, ossia che la velocità cresca con il tempo fluito dal momento dell’avvio del moto. Si noti bene, egli non dispone del calcolo infinitesimale, che gli permetterebbe di dimostrare subito la validità di tale posizione, e dunque necessita di una verifica sperimentale.
Purtroppo la determinazione della velocità istantanea, dati i grossolani mezzi che ha a disposizione per la misura del tempo, non è per lui fattibile. Galileo si limita allora a una misura dello spazio percorso in funzione del tempo, e da questi dati risale all’informazione cercata basandosi sull’insieme di intuizioni e di ragionamenti sopra riportati.
Per superare le difficoltà sperimentali, la soluzione è quella di far rotolare il grave, in forma di sfera metallica, lungo una guida inclinata; abbastanza poco inclinata da allungare di molto i tempi in gioco e permetterne una agevole misurazione pur con il primitivo sistema del vaso forato – il cronometro ad acqua – che Galileo descrive.
Naturalmente è indispensabile dimostrare che le due cadute, perpendicolare e obliqua, sono regolate dalla stessa legge. L’eguaglianza della velocità, a una data quota lungo qualsivoglia guida inclinata, è dovuta alla conservazione dell’energia: la diminuzione di energia gravitazionale della sfera nello scendere dal livello A al livello B si traduce tutta in energia cinetica (purché l’attrito sia trascurabile), e dunque comporta identiche velocità, sia di traslazione che di rotazione.
Dialogo sopra i due massimi sistemi
Io non desidero che voi diciate o rispondiate di saper niente altro che quello che voi sicuramente sapete. Però ditemi: quando voi aveste una superficie piana, pulitissima come uno specchio e di materia dura come l’acciaio, e che fusse non parallela all’orizonte, ma alquanto inclinata, e che sopra di essa voi poneste una palla perfettamente sferica e di materia grave e durissima, come, verbigrazia, di bronzo, lasciata in sua libertà che credete voi che ella facesse? non credete voi (sì come credo io) che ella stesse ferma?
SIMPL. Se quella superficie fusse inclinata? Io non credo che ella si fermasse altrimente, anzi pur son sicuro ch’ella si moverebbe verso il declive spontaneamente.
SALV. Avvertite bene a quel che voi dite, signor Simplicio, perché io son sicuro ch’ella si fermerebbe in qualunque luogo voi la posaste. Avete dunque per sicurissimo ch’ella si moverebbe verso il declive spontaneamente?
SALV. E quanto durerebbe a muoversi quella palla, e con che velocità? E avvertite che io ho nominata una palla perfettissimamente rotonda ed un piano esquisitamente pulito, per rimuover tutti gli impedimenti esterni ed accidentarii: e così voglio che voi astragghiate dall’impedimento dell’aria, mediante la sua resistenza all’essere aperta, e tutti gli altri ostacoli accidentarii, se altri ve ne potessero .
SIMPL. ...rispondo che ella continuerebbe a muoversi in infinito, se tanto durasse la inclinazione del piano, e con movimento accelerato continuamente; ché tale è la natura de i mobili gravi, che vires acquirant eundo: e quanto maggior fusse la declività, maggior sarebbe la .
SALV. Ma quand’altri volesse che quella palla si movesse all’insù sopra quella medesima superficie, credete voi che ella vi andasse? ... E quando da qualche impeto violentemente impressole ella fusse spinta, quale e quanto sarebbe il suo moto?
SIMPL. Il moto andrebbe sempre languendo e ritardandosi, per esser contro a natura, e sarebbe più lungo o più breve secondo il maggiore o minore impulso e secondo la maggiore o minore .
SALV. [...] Ora ditemi quel che accaderebbe del medesimo mobile sopra una superficie che non fusse né acclive né declive.
SIMPL. Qui bisogna ch’io pensi un poco alla risposta. Non vi essendo declività, non vi può essere inclinazione naturale al moto, e non vi essendo acclività, non vi può esser resistenza all’esser mosso, talché verrebbe ad essere indifferente tra la propensione e la resistenza al moto: parmi dunque che e’ dovrebbe restarvi naturalmente fermo. [...]
SALV. Così credo, quando altri ve lo posasse fermo; ma se gli fusse dato impeto verso qualche parte, che seguirebbe?
SIMPL. Seguirebbe il muoversi verso quella parte.
SALV. Ma di che sorte di movimento? di continuamente accelerato, come ne’ piani declivi, o di successivamente ritardato, come negli acclivi?
SIMPL. Io non ci so scorgere causa di accelerazion né di ritardamento, non vi essendo né declività né .
SALV. ... Ditemi ora: quale stimate voi la cagione del muoversi quella palla spontaneamente sul piano inclinato, e non, senza violenza, sopra l’?
SIMPL. Perché l’inclinazion de’ corpi gravi è di muoversi verso ’l centro della Terra, e solo per violenza in su verso la circonferenza; e la superficie inclinata è quella che acquista vicinità al centro, e l’acclive discostamento....
... SALV. Quanto all’impedimento dell’aria, io non ve lo nego; e quando il cadente fusse materia leggiera, come una penna o un fiocco di lana, il ritardamento sarebbe molto grande; ma in una pietra grave, è piccolissimo [...]. Tuttavia, come ho detto, vi concedo questo piccolo effetto, che può dependere da tale impedimento; sì come so che voi concederete a me che quando l’aria si movesse con l’istessa velocità della nave e del sasso, impedimento sarebbe assolutamente nullo. Quanto all’altro, del sopra vegnente moto in giù, prima è manifesto che questi due, dico il circolare intorno al centro e ’l retto verso ’l centro, non son contrarii né destruttivi l’un dell’altro né incompatibile, perché, quanto al mobile, ei non ha repugnanza alcuna a cotal moto: ché già voi stesso avete conceduto, la repugnanza esser contro al moto che allontana dal centro, e l’inclinazione, verso il moto che avvicina al centro; onde necessariamente segue che al moto che non appressa né discosta dal centro, non ha il mobile né repugnanza né propensione né, in conseguenza, cagione di diminuirsi in lui la facultà impressagli: e perché la causa motrice non è una sola, che si abbia, per la nuova operazione, a inlanguidire, ma son due tra loro distinte, delle quali la gravità attende solo a tirare il mobile al centro, e la virtù impressa condurlo intorno al centro, non resta occasione alcuna d’impedimento.